NON siamo quello che mangiamo

“Siamo quello che mangiamo” penso sia tra le frasi più utilizzate dal mondo dell’alimentazione.

Oggi però vorrei proporvi un ragionamento su questa frase apparentemente innocua e spiegarvi perché in realtà “NON siamo quello che mangiamo”.

Prima, però, una premessa importante: il nutrimento che triamo dal cibo è un sostegno fondamentale per la nostra vita. Su questo non c’è dubbio.

In presenza di specifiche patologie possiamo trarre beneficio da alcune accortezze dal punto di vista alimentare, anche questo è vero.

Ma quando il messaggio si estremizza, quando attribuiamo al cibo un valore morale, siamo sicur* di passare un messaggio privo di rischi?

L’alimentazione è alla base della piramide dei bisogni umani, al pari del sesso, del respirare e del dormire (Maslow).

Ti sei mai sentit* giudicat* rispetto al tuo modo di dormire? Di respirare?

Hai mai giudicato qualcun* per questi motivi?

E perché, dunque, lo facciamo con il cibo?

Giudicarci e giudicare rispetto alle scelte alimentari trasforma un’azione intuitiva e spontanea, come mangiare, in una potenziale fonte di senso di colpa. Ma soprattutto, crea il terreno per lo sviluppo di un rapporto conflittuale con il cibo (non per forza un disturbo alimentare).

Il giudizio sul cibo deriva dalla credenza che ci sia un unico modo giusto di mangiare, sia per controllare il peso che per restare in salute. Avere un’idea rigida di come si dovrebbe mangiare porta ad una netta divisione tra “cibi giusti” e “sbagliati”; ciò, però, non tiene conto della complessità del comportamento alimentare e può portare a sensi di colpa quando si desidera o si “cede” ad un “alimento sbagliato”.

Cosa accade quando abbiamo un approccio rigido e giudicante verso il cibo? Perdiamo il controllo.

Non esistono cibi “sani” o “non sani”. 

Non esistono cibi “buoni” o “cattivi”. 

Per essere chiari: se una persona non mangia “come noi”, non vuol dire che “mangi male” o che “valga meno” e che stia trascurando il suo benessere e la sua salute.

Non esiste un unico modo giusto di mangiare; le scelte in ambito alimentare sono determinate da tante ragioni: culturali, organizzative, di gusto, economiche, di salute, ecc. Non tutt* abbiamo le stesse risorse.

Se è vero che non dobbiamo dare ai cibi un valore morale di giusto o sbagliato, è anche vero che ci sono cibi che ci fanno sentire bene e altri che ci fanno sentire meno bene. 

Uno stesso cibo, un giorno potrà saziarci, soddisfarci, calmarci, darci energia e vitalità, placare un momento di rabbia o una qualsiasi altra emozione in modo efficace e consapevole, oppure con foga, ma accettazione; un altro giorno potrà non saziarci, appesantirci, darci sonnolenza o intristirci.

In un mare di giusto e sbagliato, di fare e non fare, proviamo a trasformare le regole in bisogni (autentici).

Ascoltarsi, sperimentare e fidarsi delle proprie sensazioni è la fatica che vale la pena di fare, non la resistenza. Meritiamo fiducia nelle sensazioni e negli stimoli che il corpo ci manda, anche quando i bisogni sembrano spingerci verso comportamenti “non consigliati” dalle “linee guida”.

Solo così potremo vivere liberamente il cibo per tutti i suoi normali e naturali significati, in armonia con il nostro corpo e i nostri pensieri, senza giudizi morali, senza farci condizionare da alcuna regola.

Il cibo non è solo nutrimento. È socialità, piacere, condivisione, scoperta, coccola.

Siamo molto più delle nostre scelte alimentari!

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